“Cormac McCarthy, La
strada e la ricerca di Dio” saggio
di Erik J. Wielenberg, docente di filosofia alla DePauw University in Indiana.
Nel suo saggio, Wielenberg offre una lettura religiosa del romanzo,
cercando di affrontare e risolvere i dilemmi di fronte a cui si trovano l’uomo
e il bambino.
La strada è uscito nel
2006 e nel 2007 ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa.
Forse il romanzo più celebre di McCarthy, è ambientato in un mondo post
apocalittico, distrutto dopo una catastrofe. I protagonisti sono l’uomo e il bambino, padre e
figlio, che tentano disopravvivere vagando per le città distrutte. Tutt’intorno, si aggirano
bande di violenti, uomini che hanno rinunciato a ogni parvenza di civiltà e arrivano addirittura a commettere
atti di cannibalismo. L’uomo, invece, tenta di spiegare al figlio come «i buoni»
non si macchino di tali mostruosità. Anzi, possono essere identificati come
«portatori di fuoco» e come tali devono attenersi a un preciso codice morale,
che costituisce la soglia di separazione dalla bestialità.
Riporto i brani del saggio che più mi hanno
colpito perché sono applicabili alla vita quotidiana e possono essere la base per approfondite meditazioni.
“L’incertezza dell’esistenza di
Dio esiste nella mente dell’uomo. (……)
Una grande sofferenza sembra
costituire una prova evidente contro l’esistenza di un Dio amorevole, ma essa
ha anche la capacità di far nascere o di potenziare la fede in un Dio siffatto.
E’ proprio quando soffriamo che abbiamo maggiormente bisogno di credere in un
Dio amorevole che ci aiuti ad andare avanti. Ed è proprio in ragione di tutto
questo che si ha bisogno di credere di essere parte di una missione divina.”
“Kant sosteneva che tutti i nostri
doveri morali dipendono da un principio fondamentale, che egli chiama imperativo categorico : rispettare sempre il valore intrinseco degli
esseri umani. La base della filosofia morale kantiana è che esiste
un’importante distinzione tra le persone e le semplici cose. Le cose sono
valutabili solo come mezzi: quando esse non sono più utili per i fini che
vogliamo perseguire, siamo autorizzati a liberarcene. Le persone, invece, possiedono un valore
intrinseco che deve sempre essere ponderato e rispettato.”
“ L’uomo del libro si tormenta anche quando è il momento di aiutare gli
altri. È sospettoso e diffidente nei confronti del prossimo. Il bambino, per
contro, cerca di andare verso gli altri e di aiutarli. L’uomo crede nell’ideale
di aiutare il prossimo, ma fatica a realizzarlo in concreto, date le
circostanze. (…)
Talvolta è consentito, dal punto
di vista morale, violare il Codice dei Giusti ma rendersene conto può portare a
violazioni ingiustificate. Riflettere su questi problemi suggerisce che l’idea
che le persone siano divise in buoni (coloro che fanno ciò che è moralmente
giusto) e cattivi ( coloro che non fanno ciò che è moralmente giusto) sia
un’eccessiva semplificazione. La realtà
è più complessa.
C’è una bella differenza tra chi
si preoccupa di fare ciò che è giusto e
chi non se ne preoccupa affatto. L’uomo è
giusto perchè ci tiene a fare ciò che è bene. Poiché siamo esseri umani,
credere in determinati principi morali non significa che riusciamo sempre ad
applicarli. Fra quelli che credono a determinati principi, alcuni riusciranno
con un successo maggiore di altri a metterli in pratica. I cattivi non sono
persone che lottano per essere giusti senza riuscirci: sono persone che hanno
smesso di interessarsi del tutto alla moralità. Sono interessati soltanto alla
propria sopravvivenza, e per questo sono disposti a tutto. I cattivi pensano
solo a vivere, non a come si deve vivere.”
“Cosa dà significato alla vita?
Cos’è che riempie di valore la vita umana?
Esiste la terrificante possibilità che i sopravvissuti alla catastrofe
siano intrappolati in un’esistenza senza senso, che “ogni giorno sia una
menzogna”.
Per cogliere la risposta dobbiamo considerare un flashback che racconta un
giorno dell’infanzia del protagonista, in cui assieme allo zio trascorre un’intera
giornata in barca sul lago per rimediare un pezzo di legna da ardere. Non si parlano l’un l’altro ma condividono una
profonda intesa reciproca. Lavorano insieme per realizzare un compito condiviso.
Questo rende perfetta una giornata,
e questo è ciò che dà significato alle vite umane: i rapporti con le altre persone. Il punto della questione è l’amore.
Ogni singolo giorno non è una menzogna: ogni giorno rappresenta una
vittoria, un giorno in cui si guadagna in significato e valore.
La mancanza di relazioni con gli altri rappresenta una vera minaccia nei
confronti dell’attribuzione di significato e valore: la fonte del significato e
del valore è l’amore.
La migliore anticamera del suicidio è l’isolamento sociale. (….)
Tuttavia ogni singolo giorno che l’uomo e il bambino trascorrono insieme ha
in sé valore e significato, a
prescindere dal risultato finale. Essere
qualcosa di temporaneo non è la stessa cosa che essere privo di senso, o di
valore. E, che Dio esista o no, anche le
nostre vite possono essere ricche di significato, perché l’assenza di Dio non trasforma l’amore in menzogna. (…)
La reale minaccia nei confronti del significato della vita è l’assenza di
relazioni con gli altri. Questo è vero sia che Dio esista, sia che non esista.
Si pensa spesso all’inferno come a un luogo violento, un luogo di grandi
sofferenze: ma ciò che rende l’inferno davvero tale è l’isolamento da Dio (…).
Se Dio esiste, voltare le spalle
alla moralità significa rischiare di alienare se stessi da Dio. In un universo
senza Dio, voltare le spalle alla moralità comporta il rischio di alienare se
stessi dal resto dell’umanità. Quindi, la fondamentale ambiguità dell’esistenza
di Dio rimane irrisolta ne La strada. Una delle lezioni che possiamo
ricavare dal romanzo, che Dio esista o no, è che la cosa che vale di più al
mondo è l’amore, e una buona ragione per impegnarsi a essere giusti è che
questo è l’unico modo per raggiungere l’amore vero.
Il costo dell’immoralità è, in ultima analisi, la solitudine».
Fonte : Vita e Pensiero – bimestrale di cultura dell’Università
Cattolica