Inserisco
questa nota nelle “Etichette : “Libri e
poesie” perché si collega a qualsiasi libro sulla seconda guerra mondiale.
Per
descrivere e “catalogare” con termini specifici la tragedia della popolazione
ebraica in Germania durante il periodo nazista si sono adattati vocaboli sia dal passato che attuali. Sono parole che si sentono spesso e, proprio per non fare
confusione, devo impararne l’origine e
l’applicazione.
La
parola “Shoah” ha un significato ben preciso e,
letteralmente, vuol dire Tempesta Devastante. È un termine che
arriva dalla Bibbia e ha un significato di per sé neutro, non direttamente
collegato con lo sterminio degli ebrei avvenuto durante la Seconda Guerra
Mondiale per mano dei nazisti e di Hitler. Eppure, la parola Shoah, è stata poi
fatta propria dagli ebrei che hanno utilizzato questo termine per
indicare lo sterminio del loro popolo nei campi di concentramento. Dopo la
famosa Notte dei Cristalli del 1938 infatti, le persecuzioni contro gli ebrei
assunsero una forma sempre più feroce fino ad arrivare alla “soluzione” del
genocidio sistematico. Ecco allora che Shoah significa sempre Tempesta Devastante, ma è
collegato a ciò che hanno subito gli ebrei nei campi di concentramento.
La
parola “Olocausto” è greca e deriva da ὁλόκαυστος che significa
bruciato interamente. La parola è a sua volta composta da ὅλος
(hòlos, “tutto intero”) e καίω
(kàiō, “brucio”) e inizialmente era
una forma di sacrificio del giudaismo. Ebrei, Greci e
molte altre popolazioni infatti erano soliti sacrificare un agnello o una capra
alle divinità, lasciandolo bruciare tutta la notte. Inizialmente questa parola
è quindi legata a un atto di sacrificio religioso volontario e si ricollega
anche al sacrificio di Gesù che si offrì in olocausto per salvare gli uomini.
Con la Seconda Guerra Mondiale questo termine ha assunto un significato diverso
e viene usato per indicare lo sterminio degli ebrei, equiparando questa
popolazione ad una vittima sacrificale.
Sarebbe
più corretto usare la parole Shoah per parlare di questo argomento in quanto
ciò che ha mosso e ha portato allo sterminio degli ebrei non è stata l’idea di
un sacrificio, ma l’intenzione di eliminare completamente una popolazione.
Il termine
"genocidio" è una parola d'autore coniata da Raphael Lemkin, giurista polacco di origine ebraica, studioso ed esperto del genocidio armeno, introdotta per la prima volta nel 1944.
Lemkin sente
la necessità di un neologismo per poter
descrivere l'Olocausto, pur facendo anche riferimento al
genocidio armeno. Con tale termine, volle dare un nome autonomo a uno dei
peggiori crimini che l'uomo possa commettere. Comportando la morte di
migliaia, a volte milioni, di persone, e la perdita di patrimoni culturali
immensi, il genocidio è definito dalla giurisprudenza un crimine contro l'umanità.
La parola,
derivante dal greco γένος (ghénos razza, stirpe) e dal latino caedo (uccidere),
è entrata nell'uso comune e ha iniziato ad essere considerata come indicatrice
di un crimine specifico, recepito nel diritto internazionale e nel diritto interno di molti paesi.
Anche
alcuni avvenimenti particolarmente crudeli
successi durante quel periodo
hanno avuto una loro precisa “definizione”.
Il rogo dei libri di Bebelplatz a Berlino - 1933
La notte del
10
maggio 1933 è tristemente noto per i Bücherverbrennungen. A
soli cinque mesi dall’ascesa di Hitler
al potere venne organizzata una serie di roghi di libri considerati non corrispondenti all’ideologia nazista:
parliamo di oltre 25.000 volumi..
Così nella notte del 10 maggio 1933 a
Bebelplatz – conosciuta storicamente anche come Opernplatz –cataste di volumi
furono dati in pasto alle fiamme fra canti, inni e manifestazioni di gioia
davanti a un pubblico di 40.000 cittadini. Goebbels presenziò all’evento e
tenne un discorso volto alla tutela dell’uomo tedesco contro le influenze ebree
e immorali. La purificazione della Germania e la difesa della razza ariana
ridussero in cenere i testi di autori socialisti come B. Brecht e A. Bebel, a
cui è poi stato dedicato il nome della piazza. Furono distrutte anche le pagine
scritte da C. Marx, T. Mann, J. Remarque, S. Freud e autori
americani come E. Hemingway, J. London. La stessa sorte toccò ai lavori
dei primi oppositori del partito guidato da Hitler. Nel rogo furono gettati i
volumi scritti da autori ebrei come F. Werfel, M..Brod, S. Zweig e
il poeta H. Heine, la penna che nel 1820-1821 partorì le seguenti parole:
“Là dove si bruciano libri, si finisce per bruciare anche gli uomini”.
Le “purghe”
intellettuali avevano il fine di eliminare gli scritti contrari allo “spirito
tedesco”.
Fu ripreso
quanto già avvenuto nel 1817: il rogo dei libri “non tedeschi” perché legati
alla cultura napoleonica diffusasi al tempo dell’avanzata dell’imperatore
Bonaparte.
Questi avvenimenti
furono solo alcuni dei tanti episodi accumulatisi nel solco di una lunghissima
tradizione che, avviata nel lontano 1358
a.C. dalla volontà del faraone Akhenaton di cancellare ogni traccia del
precedente politeismo dalla biblioteca di Tebe, si era via via consolidata
attraverso la distruzione della biblioteca di Alessandria nel 642, il Cile di
Pinochet e la Sarajevo del conflitto balcanico, lasciando il proprio triste
segno in una miriade di altri luoghi e di altre epoche fino a conoscere
un rinnovato vigore ancora agli inizi di questo nostro XXI secolo nel
drammatico incendio della Biblioteca Nazionale di Baghdad.
La notte dei
lunghi coltelli - 1934
Eliminare
fisicamente gli elementi più radicali del partito, considerati a tutti gli
effetti nemici. Uno a uno. Tutto, in poco più di 24 ore di terrore, sangue
e distruzione. Era questo il piano portato a termine da Adolf
Hitler nella notte tra il 29
e il 30 giugno 1934, passata alla storia come La Notte dei Lunghi Coltelli. Il
Fuhrer diede l’ordine di assassinare i suoi oppositori politici
all’interno del Partito Nazionalsocialista e dei vertici delle S. A. (Squadre
d’Assalto), compreso il loro
capo Ernst Röhm.
L’origine
dell’espressione “la notte dei lunghi coltelli” deriva da un antico
episodio della storia medioevale germanica: il massacro dei celti compiuto nel
Quinto secolo da mercenari sassoni in quella che sarebbe dovuta essere la
conferenza di pace di Salisbury Plain, nell’Inghilterra centrale.
La notte dei
cristalli - 1938
Nella notte tra il 9 e 10 novembre 1938 in Germania, Austria e Cecoslovacchia
furono bruciate o completamente distrutte almeno 1.406 sinagoghe e case di
preghiera ebraiche[,
distrutti i cimiteri, i luoghi di aggregazione della comunità ebraica, migliaia
di negozi e di case private.
In quella notte J.
Goebbels e il capo della Gestapo H. Müller dettero
ordini precisi perché la polizia non intervenisse e i vigili del fuoco si
limitassero a proteggere le proprietà dei non ebrei.
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