sabato 6 luglio 2013

IL FIGLIO DELL'ALTRA



Drammatico – Francia 2012
Regia    :  Mehdi Dehbi, Lorraine Levy



Commento di Eco :      Un bel film serio, drammatico come lo è la vita ma non strappalacrime né tragico. Si potevano scegliere entrambe le strade per  portare avanti la storia ma la regista ha preferito gestire la drammaticità degli avvenimenti in modo contenuto, personaggi che non si lasciano prendere da emozioni prepotenti e sentimenti oltre le righe. Tutto è vissuto cercando di capire, nonostante tutto, cosa è successo senza andare nel panico, cercando di conservare ciò che       faticosamente  appartiene loro, figli compresi anche se si scopre che sono dell'altra.. Senza accorgersi, dopo un inizio un tantino lento, si entra nella storia e, seguendo i protagonisti,  si vive la quotidianità di Tel Aviv che  è una città molto viva e moderna con una bellissima spiaggia sulla quale stare con gli amici a pensare al futuro come in una qualsiasi città occidentale.  Purtroppo non è così, sembra impossibile ma  fuori Tel Aviv c'è il muro che divide le popolazioni ebraica e palestinese. Occorre un permesso rilasciato dalle autorità israeliane affinchè un palestinese, dopo aver fatto una lunga fila al posto di blocco possa passare e recarsi al lavoro. Al posto di blocco  ci sono i soldati israeliani che controllano uno per uno le persone e le guardano con estrema diffidenza pronti a fare i vincitori prepotenti,  ma anche attenti a non essere oggetto di atti terroristici  da parte di questi  palestinesi in fila che, con rabbia repressa, si lasciano controllare passivamente subendo questo insulto da parte di chi ha rubato loro la terra.
Basta questa scena per capire come si vive ancora oggi. L'odio è tuttora così forte che alcuni palestinesi addirittura non  vogliono guadagnare soldi dagli ebrei e non permettono  nemmeno ai figli di farlo, cercano di sopravvivere con quel poco che si può fare da quella parte del muro. Oppure preferiscono che i figli raggiungano parenti emigrati in terre lontane anche sapendo di non rivederli più. Un'altra scena molto esplicativa è quella nella quale il colonnello chiede un permesso di transito all'ufficio competente affnchè un ragazzo palestinese possa entrare in città tutti i giorni per lavorare. E' una richiesta che suscita stupore. Cosa vuol fare il colonnello?  Aiuta i nemici? E' da denunciare?
L'atmosfera quindi anche tra i liberi israeliani non è leggera. Tutto può succedere in qualsiasi momento.
Questo è quello che ho captato vedendo questo film. Sapevo queste cose avendole lette migliaia di volte ma il vedere scorrere la vita  minuto per minuto  in una giornata qualsiasi di due famiglie qualsiasi ma di opposte fazioni,  mi  ha fatto penetrare  in un'atmosfera ancora  intrisa di odio e senza speranza.                                  
 E' tutto riassunto in questa frase. : “Io sono il mio peggior nemico, ma devo amarmi lo stesso” sono le parole  che dice uno dei due giovani protagonisti che scopre di essere stato scambiato alla nascita e quindi  non è più ebreo ma è in realtà palestinese e l'altro ragazzo, felicissimo di essere palestinese,  è in realtà ebreo.                                          
Come ho detto la regista non ha calcato sui toni tragici  per cui chiude la storia in maniera “speranzosa” nella quale i due giovani diventati quasi amici (grazie all'aiuto di due mamme lungimiranti e amorevoli) promettono l'uno all'altro di non sprecare la loro vita  perchè in fondo hanno una doppia  responsabilità : essere giusti nella loro nuova realtà ma attenti a non stravolgere  ciò che avevano imparato nella vita passata.                                             Forse è solo un sogno ma cerchiamo di crederci.

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